Sono passati 20 anni dalle giornate di Genova 2001 e per questa ricorrenza la Biblioteca Livio Maitan ha preparato un dossier che, oltre a ricordare quegli eventi, vuole essere uno strumento utile per le nuove generazioni. Lo scopo del dossier infatti è quello di diffondere le ragioni e le tematiche che hanno spinto in quegli anni centinaia di migliaia di persone a lottare per un mondo migliore. Tematiche che, ancora oggi, a distanza di venti anni, sono attuali e necessitano di essere affrontate più che mai.
Per comprendere pienamente ciò che è avvenuto a Genova nel 2001 riteniamo sia importante inserire il racconto di quelle giornate all’interno di un contesto più ampio, sia nazionale che internazionale, perché altrimenti si rischia di decontestualizzare gli eventi stessi e si rischia di rinchiudere la loro narrazione in uno spazio troppo angusto, circoscritto ed isolato. Per ottenere questa visuale più ampia, abbiamo selezionato e vi presentiamo materiali d’archivio degli anni 1999-2002.
Per farsi un’idea del clima sociale e politico di allora, degli argomenti posti all’ordine del giorno nel dibattito pubblico, degli importanti avvenimenti nazionali e internazionali, abbiamo raccolto le prime di copertina del quotidiano Liberazione e delle riviste Bandiera Rossa e Carta.
Il popolo di Seattle e la nascita del movimento no-global
Il movimento no-global (o movimento anti-globalizzazione) è stato un movimento di protesta su scala internazionale contro i processi di globalizzazione dell’economia capitalista, formato dall’insieme di organizzazioni politiche e sociali, organizzazioni non governative, associazioni e singoli individui.
Oggetto delle contestazioni mondiali erano, da una parte, le multinazionali colpevoli dello sfruttamento del lavoro, dell’ambiente e dei territori in genere, dall’altra parte i governi delle potenze economiche mondiali e le organizzazioni internazionali colpevoli di avallare ed incentivare tali politiche in tutto il pianeta, con la conseguente drammatica riduzione dei diritti sociali basilari e perpetrando il delitto della mancanza di cibo, di acqua e di cure mediche per miliardi di persone in tutto il mondo.
La prima comparsa di questo grande movimento di protesta avviene in occasione della conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) tenutasi a Seattle nel novembre 1999. Le proteste del “popolo di Seattle” di quei giorni si impongono nel dibattito pubblico e hanno eco in tutto il mondo. La nascita di un “movimento no-global” su scala internazionale è praticamente immediata. Nei mesi successivi è un crescendo di manifestazioni di protesta in tutto il mondo in occasione dei vertici internazionali e il movimento guadagna una sempre più grande attenzione mediatica. Le principali tappe di questa protesta globale sono Davos nel gennaio 2000 e Washington nell’aprile 2000, rispettivamente in occasione del Forum Economico Mondiale (WEF) e della riunione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM).
In Italia, a fine maggio, Firenze, Genova e Ancona sono le tappe di tre mobilitazioni antiliberiste contro le biotecnologie, contro la NATO e per la pace. Nei mesi successivi le proteste raggiungono Bologna e Ginevra nel giugno 2000 e Okinawa nel luglio 2000. A Bologna in occasione dell’incontro dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), a Ginevra durante lo svolgimento dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), a Okinawa durante i lavori del Gruppo degli 8 (G8).
Melbourne, Praga, Seoul e Montreal tra settembre e ottobre 2000 sono invase da movimenti di protesta in occasione del Forum Economico Mondiale (WEF), della riunione del Fondo Monetario Internazionale (FMI), dell’Asia-Europe Meeting (ASEM) e del Gruppo dei Venti (G20). Poche settimane dopo, a Nizza nel dicembre 2000 imponenti manifestazioni si svolgono in concomitanza del Consiglio Europeo (European Council).
I Forum sociali e le tematiche affrontate dal movimento
Ad inizio 2001, appena un anno dopo le giornate di Seattle, il movimento no-global è ben radicato e conia lo slogan “un altro mondo è possibile”, tradotto ed usato in tutte le lingue. Il calendario 2001 del movimento è fitto di appuntamenti in tutto il mondo.
In contrapposizione al Forum Economico Mondiale che si tiene ogni anno a Davos, il movimento decide di riunirsi a Porto Alegre per il Forum Sociale Mondiale, un “contro-forum” in cui discutere di temi, quali le questioni sociali ed ambientali, non presenti nelle agende dei potenti del mondo. Questa modalità di partecipazione democratica e di “confronto dal basso” si diffonde ovunque. Nascono i social forum (cioè assemblee unitarie in cui organizzazioni politiche e sociali e singoli individui discutono e si organizzano per la lotta) sia in occasione dei grandi vertici internazionali, sia in ogni territorio in cui sono presenti militanti no-global. I social forum divengono così il mezzo tramite il quale il movimento no-global cerca di affermare una discussione, una agenda politica e una pratica politica alternative alle politiche neoliberiste.
Le tematiche discusse ed affrontate dal movimento no-global sono state varie e molteplici. Alcune erano relativamente nuove, altre il frutto della sedimentazione delle lotte degli anni precedenti. Ogni singola tematica, ogni singola vertenza, ogni singola lotta particolare si andava ad inserire in un ragionamento più generale di opposizione e di contrasto alle politiche neoliberiste, mostrando così l’inevitabile connessione e la reciproca influenza tra ognuna di esse. Il movimento no-global diveniva così il “movimento dei movimenti”, un movimento in cui ogni istanza di giustizia sociale e di salvaguardia dell’ambientale, ogni istanza di liberazione individuale e collettiva trovava piena cittadinanza.
È difficile fare una classificazione di tutte le tematiche affrontate e di tutte le lotte portate avanti in quegli anni, anche perché ogni singola tematica non si completava da sé, ma era legata alle altre. Per fare degli esempi, le questioni allora sollevate su Porto Marghera o sull’Ilva di Taranto, purtroppo ancora oggi attuali, venivano affrontate contemporaneamente sul terreno della salute pubblica, della salvaguardia dei posti di lavoro e della tutela ambientale. Stessa cosa dicasi per la lotta contro la fame nel mondo o per l’accesso alle cure mediche: questioni che, si era capito, non potevano essere affrontate senza mettere in discussione e contrastare il debito pubblico, le politiche egemoniche dei paesi del Nord del mondo, la messa in discussione della logica del profitto e del sistema produttivo capitalista.
Fatta questa premessa, proviamo tuttavia ad indicare le principali direttrici di lotta e i temi discussi e affrontati dal movimento:
- l’accesso all’acqua e al cibo: contro la privatizzazione dell’acqua in tutto il mondo; per un’equa ridistribuzione delle risorse; contro la povertà nel mondo; contro le agricolture transgeniche e per la sicurezza alimentare; contro le politiche liberiste che favoriscono le grandi aziende e le multinazionali a scapito dei piccoli produttori locali; per la ridistribuzione delle terre ai contadini nei paesi del Sud del mondo; per l’abbattimento del debito estero che affama milioni di persone; per la tassazione dei patrimoni e delle speculazioni finanziarie.
- le questioni ambientali: contro le cause del cambiamento climatico e per la salvaguardia del pianeta; contro il nucleare e le trivellazioni; contro le emissioni nocive delle fabbriche inquinanti (in Italia Porto Marghera, Ilva di Taranto, ecc…); contro la devastazione ambientale e la costruzione delle grandi opere (Tav, Ponte sullo Stretto, Mose, ecc…); contro la privatizzazione dei beni pubblici ed ambientali; per la salvaguarda dei territori e dell’equilibrio ambientale.
- il lavoro: contro la schiavitù nei paesi del Sud del mondo; per un posto di lavoro per chi non lo ha; contro la precarietà e il lavoro interinale; per la difesa dei posti di lavoro e contro le delocalizzazioni; per l’aumento dei salari e la difesa dei contratti collettivi nazionali; per la stabilizzazione dei/lle precari/e; per la difesa e l’estensione dell’art. 18 a tutti e tutte; per un salario sociale europeo; contro le privatizzazioni; per lo sciopero generale e generalizzato; contro la mancanza di sicurezza e le morti bianche nei luoghi di lavoro.
- la pace: contro le guerre in Iraq, in Kossovo, nel Medio Oriente e in Afghanistan; contro gli embarghi economici che affamano le popolazioni; contro il terrorismo; per il disarmo; per la solidarietà internazionale con i popoli oppressi (in primis palestinesi e kurdi); per il boicottaggio delle società che finanziano le guerre.
- la condizione della donna: per l’autodeterminazione; contro il patriarcato, il sessismo e il razzismo; per la libertà da guerre, violenza e povertà; per l’integrità fisica e mentale; per la parità di genere; per l’indipendenza economica, il lavoro e lo stato sociale; per la difesa in Italia della legge 194 sull’aborto; per l’estensione del diritto all’aborto negli altri paesi.
- l’istruzione e la formazione: per la scuola pubblica, laica e pluralista; contro il finanziamento pubblico delle scuole private; per gli investimenti nell’edilizia scolastica; contro i processi di mercificazione dei saperi, di aziendalizzazione e privatizzazione della scuola; contro le riforme dell’istruzione Berlinguer, Zecchini e Moratti; per la stabilizzazione del personale scolastico e dei docenti privati.
- la salute: per il diritto universale alla salute e alle cure mediche; per la sanità pubblica e gratuita; contro i profitti delle multinazionali farmaceutiche sulla salute delle persone; per l’abolizione dei brevetti; per la ricerca scientifica pubblica e libera dal mercato; per la produzione pubblica di farmaci a basso costo.
- migranti: per una vita dignitosa e il riconoscimento dei diritti civili per tutti e tutte; per il permesso di soggiorno senza condizioni; contro le leggi sull’immigrazione Turco-Napolitano e Bossi-Fini; per la libera circolazione delle persone; per la chiusura dei Centri di permanenza temporanea e dei Centri di detenzione.
- l’antifascismo e l’antirazzismo: per il multiculturalismo; per la difesa e la tutela delle minoranze; contro ogni forma di razzismo e di discriminazione; contro l’apartheid; per contrastare l’emergere di forze neofasciste e neonaziste.
- i diritti civili: per il riconoscimento dei diritti civili alle coppie di fatto; contro ogni discriminazione di genere; per la libertà sessuale; contro l’omofobia e la xenofobia; per la legalizzazione delle droghe leggere; contro le condizioni carcerarie disumane e per l’amnistia.
Verso Genova, passando per Napoli, Quebec e Goteborg
Nel marzo 2001 a Napoli, in occasione del Global Forum, il movimento no-global si dà appuntamento per la prima grande manifestazione internazionale in Italia contro la globalizzazione neoliberista. Sono giornate che preannunciano ciò che avverrà qualche mese dopo durante il G8 di Genova: “Una grande e pacifica manifestazione di massa. Una grande giornata politica che le “forze dell’ordine” hanno trasformato in un duro scontro militare: per quasi un’ora, alcuni reparti di polizia si sono scatenati in una indiscriminata caccia all’uomo, pestando a sangue centinaia di persone. Aggrediti anche giornalisti, fotoreporter, operatori in servizio. Decine e decine di fermati” (Liberazione del 18 marzo 2001).
Québec nell’aprile 2001 e Göteborg nel giugno 2001 sono i luoghi delle ennesime manifestazioni di protesta del movimento no-global in occasione, rispettivamente, del Vertice de las Americas e del summit conclusivo del semestre svedese di presidenza della Unione Europea. La repressione delle manifestazioni è sempre più dura. A Göteborg il bilancio degli scontri è di oltre 600 fermati, 50 dimostranti feriti, alcuni dei quali per colpi d’arma da fuoco sparati dalla polizia.
E’ in questo clima di crescente tensione, sia nazionale che internazionale, che si avviano i preparativi per il G8 di Genova e per le contro manifestazioni del movimento. Genova viene militarizzata. Per il soggiorno e i lavori degli “otto grandi” (il G8), viene creata nel centro città una Zona Rossa inaccessibile ai manifestanti e protetta da moltissime forze dell’ordine e dall’esercito.
Le giornate di Genova 2001
Riportare in poche parole cosa sono state le giornate di Genova 2001 non è facile poiché c’è moltissimo da raccontare. Per non rischiare di omettere o dimenticare qualcosa, questo racconto lo lasciamo fare direttamente ai protagonisti e alle protagoniste di allora attraverso una raccolta di testimonianze dirette, di cronache e inchieste giornalistiche stampate nero su bianco sul quotidiano Liberazione e la rivista Carta. Un insieme di documenti che ci descrivono le partecipatissime e imponenti manifestazioni svolte in città in quei giorni, che ci parlano delle tante assemblee tematiche organizzate dal Genova Social Forum in risposta all’agenda politica dei “grandi” della Terra, che ci raccontano del sempre più stretto legame tra i vari movimenti sociali nella messa in discussione del sistema economico, politico e sociale capitalista basato sullo sfruttamento delle persone, dell’ambiente e delle risorse del pianeta.
Nello stesso tempo, queste raccolte di documenti descrivono anche la brutalità della repressione messa in campo dalle “forze del disordine”, la sospensione dei più elementari diritti civili e politici, la morte di Carlo Giuliani, il blitz alla scuola Diaz e le torture nel carcere di Bolzaneto. Ci raccontano del tentativo del mondo politico istituzionale e dei mass-media di dividere il movimento no-global tra buoni e cattivi, offuscando le tematiche poste nel dibattito pubblico e soffocandone le istanze. Ci testimoniano infine le alte responsabilità politiche dei fatti accaduti a Genova e gli insabbiamenti istituzionali per non far emergere la verità.
(a cura di Michele Azzerri)